vicesima manumissionum
Latin > Greek
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The vicesima libertatis, also known as the vicesima manumissionum was an ancient Republican Roman tax on freed slaves. If the master freed the slave the government would tax the master for 5% of the slaves value. If the slave freed themselves they would be taxed. Another possibility is that the tax was for registering a slave as free, not for freeing them in the first place. It was established in 357 BCE by the Consul Gnaeus Manlius. There is no archaeological evidence for this tax in all provinces except for Italy before the Severan dynasty.
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La Lex Manlia du vingtième sur le prix des esclaves affranchis (Lex Manlia de vicesima manumissionum) est une loi romaine présentée et votée en 357 av. J.-C.
Cnaeus Manlius Capitolinus Imperiosus, consul de l'année 357 av. J.-C., rassemble son armée par tribu dans son camp, à Satricum (au sud de Rome), et leur présente un projet de loi : un nouvel impôt sur chaque esclave qu'on affranchit. Ses troupes, assemblées en comices tributes, votent la loi, que le sénat approuvera. Cette mesure apporte un nouveau revenu considérable au trésor public qui en a grandement besoin.
Ce nouveau revenu est versé au trésor sacré, dans lequel on ne puise que pour les dangers extrêmes. Ce sera le cas en 209 av. J.-C. notamment, lors de la deuxième guerre punique.
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La lex Manlia de vicensima (o vincesima) manumissione è una legge votata nell'accampamento (in castris) dall'esercito al comando del console Gneo Manlio Capitolino a Sutri, con la quale fu creata una tassa del 5% (la ventesima parte, appunto) sul valore delle manumissioni.
a legge va inserita nel contesto storico delle ultime, ma non per questo meno accanite, fasi della lotta di classe tra patrizi e plebei.
Nel 367 a.C., dopo vari anni che erano state riproposte invano al Senato, furono finalmente approvate le tre leggi Licinie-Sestie, che garantivano alla plebe un console (lex de consule plebeio), sgravi sui debiti ed un limite di 500 iugeri (125 ettari) alle grandi proprietà terriere (principalmente patrizie, ma non solo, tanto che lo stesso tribuno che aveva proposto la legge, Gaio Licinio Stolone, fu processato per infrazione al limite posto dalla sua stessa legge, come riferiscono varie fonti). In cambio di queste aperture alla plebe, furono create la pretura e l'edilità curule, magistrature riservate unicamente ai patrizi.
Le forze conservatrici del patriziato ritennero di dover passare all'azione di fronte alle pretese sempre crescenti della plebe. Così Gneo Manlio Capitolino, esponente di un'antica gens conservatrice, colse l'occasione per far votare ai suoi soldati una legge che tendeva a colpire soprattutto la plebe. La manumissio infatti, nelle sue varie forme, era il procedimento di scioglimento formale di un vincolo giuridico, che si usava, ad esempio, per emancipare un figlio o uno schiavo, o per riscattare una persona in mancipio (ossia legata da un rapporto di dipendenza personale) di un'altra. In tal senso Manlio Capitolino volle cercare di porre un freno all'immissione nel tessuto cittadino di nuovi cittadini liberati dalla schiavitù ed evitare che i plebei emancipando i loro figli avessero accesso a più terre.
La plebe d'altra parte rispose a questo provvedimento con una lex Duillia-Menenia de fenore unciario, pare sacrata (ossia garantita da giuramento solenne, alla maniera della lex Sacrata del 494 a.C.), che fissò il tasso di interesse all'8.33%.
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Lex Manlia de vicesima fou una antiga llei romana votada i aprovada pels comicis tribunats el 357 aC sent cònsols Gneu Manli Capitolí Imperiós i Gai Marci Rutil. Condemnava al pagament d'una vigèsima part dels béns a l'erari als que rebessin la manumissió.